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I pericoli del Web: per 8 giovani su 10 rischio abusi. Lo studio Unicef

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MARTEDì 7 GIUGNO 2016

Secondo ”Perils and Possibilities: growing up online”, sondaggio internazionale realizzato da Unicef su un campione di 10mila ragazzi di 18 anni di 25 paesi diversi, 8 su 10 credono che i giovani corrano il rischio di subire una qualche forma di abuso sessuale  o di esseri sfruttati attraverso la rete e oltre 5 su 10 pensano che i loro amici siano entrati in contatto con situazioni pericolose.

”I telefoni mobili e internet hanno rivoluzionato l’accesso dei giovani all’informazione, ma il sondaggio ha rilevato quanto attraverso internet sia reale il rischio di abusi per i ragazzi e le ragazze”, ha dichiarato Cornelius Williams, Direttore Associato UNICEF per la Protezione dell’Infanzia. ”A livello globale, un utente su 3 in internet è un minorenne.

Secondo il sondaggio risulta che circa 90% degli adolescenti intervistati ha sicurezza nelle proprie abilità di navigare in modo sicuro e crede di poter evitare i pericoli online. Circa 6 ragazzi su 10 affermano che incontrare nuove persone online sia molto o abbastanza importante per loro e il 36% saprebbe riconoscere quando una persona attraverso internet stia mentendo.

Dal rapporto emerge inoltre che il 67% delle ragazze si dice molto preoccupato in caso di commenti o richieste a sfondo sessuale su internet, rispetto al 47% dei ragazzi. Quando si presentano minacce online, la maggior parte degli adolescenti preferisce rivolgersi agli amici più che ai genitori o agli insegnanti e meno della metà dei ragazzi ha affermato che saprebbe aiutare un amico ad affrontare un pericolo online.

Per stimolare i bambini e gli adolescenti a dare il proprio contributo per porre fine alla violenza online, l’Unicef sta lanciando “ReplyforAll”, parte dell’iniziativa globale “End Violence Against Children”, in cui agli adolescenti viene chiesto di condividere messaggi positivi per una più consapevole e sicura navigazione in rete.

“Petaloso”: la nuova parola accettata dalla Crusca

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MERCOLEDì 24 FEBBRAIO 2016

Secondo l’Accademia della Crusca, una delle più importanti istituzioni linguistiche d’Italia e del mondo, dobbiamo inserire una nuova parola nel nostro vocabolario, “petaloso”. Il tutto grazie all’inventiva di Matteo, un bambino di terza elementare della scuola elementare Marchesi di Copparo, in provincia di Ferrara.

Spiega la maestra della classe di Matteo – “Qualche settimana fa, durante un lavoro sugli aggettivi un mio alunno ha scritto di un fiore che era “petaloso”. Inizialmente l’ho segnata in rosso come errore ma poi la parola, benché inesistente, mi è piaciuta, così ho suggerito di inviarla all’Accademia della Crusca per una valutazione. Oggi abbiamo ricevuto la risposta, precisa ed esauriente. Per me vale come mille lezioni di italiano. Grazie al mio piccolo inventore Matteo”.

La parola “petaloso”, inventata da Matteo, ha ricevuto un riconoscimento da parte dell’Accademia dell Crusca la quale ha risposto all’alunno con una lettera: «La tua parola è bella e chiara», continua la Crusca che spiega come fa una parola ad entrare nel vocabolario. «Bisogna che la parola nuova non sia conosciuta e usata solo da chi l’ha inventata, ma che la usino tante persone e tante persone la capiscano. Se riuscirai a diffondere la tua parola fra tante persone e tante persone in Italia cominceranno a scrivere e dire “Com’è petaloso questo fiore!” o, come suggerisci tu, “le margherite sono fiori petalosi, mentre i papaveri non sono molto petalosi”, ecco, allora petaloso sarà diventata una parola dell’italiano, perché gli italiani la conoscono e la usano».

L’ Accademia suggerisce infine a Matteo un libro, “Drilla”, di Andrew Clemens. «Leggilo, magari insieme ai tuoi compagni e alla tua maestra: racconta proprio una storia come la tua, la storia di un bambino che inventa una parola e cerca di farla entrare nel vocabolario».

Questa interessante vicenda ci fa riflettere su come la lingua, in questo caso, la lingua italiana, sia in continua evoluzione. Nuovi termini nascono, altri assumono significati diversi o sono riproposti. Basti pensare alle tante parole che sono nate con l’avvento di Internet e, in generale, delle tecnologie, e che sono ormai diventate di uso quotidiano.

Fino a qualche anno fa era impensabile ascoltare termini come “postare” cioè inviare un post in Internet’ (dall’inglese: “to post” = “inviare”, “pubblicare”), “downloadare”, ovvero, l’atto di scaricare un file sul computer. E poi ancora “taggare” usato quando “postata” una foto su un social network si menzionano persone che sono presenti in quell’immagine, “linkare”  quando si condivide l’indirizzo internet di un sito, su un blog o su un social network (dall’inglese: “to link” = “collegare”) e poi “selfie” una delle più amate dai giovani, cioè un autoscatto realizzato solitamente attraverso uno smartphone o una fotocamera digitale e condiviso immediatamente sui social networks.Non ci resta che aspettare di sentire “Com’è petaloso questo fiore!”